Nella città di Aligosta, egli era il costruttore di serrature e chiavistelli, di catenacci e lucchetti per proteggere la moneta e il sonno, l’imbroglio, la fedeltà delle spose, e i traballanti solai del ricordo. Arricchito dalle richieste di una popolazione assennata e feroce, che paga in contanti le serrature, e le vuole belle, ornate di cento gioielli, egli si è invecchiato senza aver generato. Durante una settimana di peccato, in una estate senza preavviso, precipitata in terra come una stella, il costruttore di chiavi – era così giovane, allora, - incontrò una donna che mai avrebbe voluto incontrare. “Amore mio dall’abbaino sbarrato, puoi sentirmi ancora da oltre la soglia?” Egli ha giocato bambino con ciottoli azzurri sulla riva del mare. Ma presto fu il tempo delle leggi, dell’avere e del possedere, dell’apprendere il mestiere tramandato dai suoi; egli ne imparò i codici, ne moltiplicò le alchimie e ne sviluppò i segreti fino a diventare il signore che lega, e, a proprio piacimento, dislega. Accarezzò la rana che gli era compagna di giorno e di notte, e fremette di gioia avvolto nel suo ampio mantello quando le sue serrature sconfissero i ladri, i mestatori, i cercatori di lune e di ninfe, di insonni utopie e variopinti cuori di fanciulle in fiore. “Troppo disordinata eri, amore mio, sbarcata alla spiaggia di Aligosta da luogo che non conosco; una altra terra, una altra storia, un diverso passato che mi lasci sospettare. Portavi mille amori dentro la tua cesta, e il tuo sorriso era aquilone e sapore di pesca. Dicevi di avermi inutilmente aspettato, ma dove potevo trovarti con i tuoi capelli di vento e senza fissa dimora? Mi intrecciavi la mano, ma io non avevo né luogo né tempo dove portarti. Dovevo lavorare per amore di questa città bella come il nome della bambina che eri, e proteggermi la mente dalle smanie che davi, puttana, e non ti bastavo mai, volevi il mio cuore, il mio nome, il mio tempo.”