L”Histoire de la Glorieuse Rentrèe” (prima edizione 1710) di Henri Arnaud [ nota 1] è il diario di una marcia e di una guerriglia che vide mille uomini, venti compagnie militari, darsi raduno sulla spiaggia di Promentoux, a nord del lago Lemano, nella notte tra il 15 e il 16 agosto 1689. Sono clandestini e sono armati: pistole e archibugi. Per superare i posti di blocco, a volte, catturano un ostaggio nei villaggi e lo schierano davanti a sè, per evitare altri morti, loro che di sangue ne già dato tanto. Dopo la vittoria militare sui 2500 soldati francesi di presidio al ponte di Salbertrand, la pattuglia dei mille uomini prosegue la marcia per valicare il Colle Giuliano e giungere il primo settembre al castagneto di Sibaud ( località Bobbio Pellice, Torino). Eccoli: qui fanno sosta, dai Pastori che sono i loro Capitani nella spedizione militare, ascoltano le parole del Vangelo; poi levano la mano: soldati e ufficiali si giurano reciproca fedeltà. Sanno che non è finita, ma il cielo sopra di loro è il cielo delle valli che amano e che sono la loro casa almeno dal 1200. Perseguitati per eresia da secoli e massacrati a migliaia, hanno resistito in una guerriglia collettiva attraverso l’arco delle generazioni. Solo la ferocia della repressione congiunta dei savoiardi e dei francesi li avrebbe costretti all’esilio.
Inverno 1687: la fila degli esiliati, che non si sono né arresi né cattolizzati, è guardata a vista dalle truppe, è costretta sui carri, è tormentata con le spade, è serrata alle mani dai ferri, è sputata alla faccia, ha lasciato 9.000 morti tra i propri prigionieri [nota 2] nelle carceri di Luserna, Asti, Mondovi, Vercelli. Alcuni hanno visto i soldati rapire i propri figli : i bambini saranno consegnati in adozione a famiglie di provata fede cattolico romana. Il rumore dei carri è rotto dalle urla insultanti delle popolazioni cattoliche della pianura: si sono fatte feroci e arroganti, perché forti del decreto del duca Vittorio Amedeo II di Savoia, che, 31 gennaio 1686, sul modello della revoca dell’editto di Nantes di Luigi XIV, impone a tutti i propri sudditi di farsi cattolici. Nella Svizzera riformata, che ha accolto e ospitato i profughi per i tre anni e mezzo dell’esilio, essi potrebbero forse finire in pace i loro giorni. Ma le vallate piemontesi esercitano sugli uomini del Rimpatrio il richiamo fortissimo delle antiche radici: qui hanno fatto figli e figlie, sepolto i padri, costruito villaggi, pregato l’Eterno, dissodato terreni, disegnato sentieri, spazzato la neve all’ingresso dei templi, potato le viti della montagna, e aiutato le bestie a figliare. Da Sibaud, ( foto) ora scendono a Bobbio, a Villar, in Angrogna, e sanno di dover continuare a combattere. Resisteranno; come i loro nonni e i loro padri continueranno la guerriglia, difendendosi e facendosi tana sulle creste più alte: avranno diritto alla libertà civile solo nel febbraio del 1848 grazie a Carlo Alberto di Savoia. Perseguitati per otto secoli, la comunità, che si fa scudo tra valli difficilmente accessibili, avrebbero clandestinamente continuato a praticare il proprio culto, che non chiede proselitismo, ma, rifiutando ogni gerarchia e ogni autorità, trova unico fondamento nelle sacre scritture, così come avrebbe successivamente sostenuto la Riforma luterana, i cui rappresentanti, giunti dalla Germania A Chanforan in Valle Angrogna nel 1532, stabilirono un patto di fraternità con la piccola comunità eretica. Gli uomini che hanno marciato, che hanno combattuto a Salbertrand, e, prima di allora, per tutto il tempo lungo dei massacri scatenati nelle valli dalla Controriforma cattolica, alleata con i Savoia e la corte francese, sono figli dei figli dei primi Valdesi, seguaci del mercante lionese Pietro Valdo. Attorno alla metà del 1100, fattosi povero, Pietro Valdo prese a leggere e divulgare di casa in casa il vangelo nella lingua del popolo, rifiutando, insieme alla inaccessibile sacralità del latino, l’atto di sottomissione alla autorità del clero e alla chiesa di Roma. Marchiato come eretico, Valdo avrebbe visto la comunità stretta attorno a lui farsi ribelle per non rinnegare la propria fede, e, dopo le stragi nel Midi della Francia, diventare migrante in cerca di un rifugio che avrebbe trovato tra le montagne del versante italiano delle Alpi Cozie. Sarà un rifugio senza pace: il primo supplizio è quello di una donna accusata di “valdesia” arsa viva a Pinerolo ( Torino ) nel 1312 ( cit. E. Coma/L. Santini Storia dei Valdesi ed. Claudiana); già negli stessi anni i primi inquisitori risaliranno le valli in cerca di forzate cattolizzazioni; dove non riusciranno gli inquisitori, ad ondate attraverso i decenni, lo tenteranno le truppe ducali dei Savoia e della casa regnante di Francia, e dove nemmeno le truppe riusciranno ad aver ragione della resistenza valdese, ci proveranno i mercenari, reclutanti fino nell’Irlanda povera e cattolica, che dai villaggi salgono alle malghe isolate in caccia di barbetti. [nota 3 ]. Per ogni testa d’eretico avrebbero avuto in compenso moneta sonante. Minoranza intransigente, la comunità valdese anticipò il grande vento della Riforma protestante, che, aprendo le coscienze a una inesausta riflessione, pose le basi del moderno pensiero europeo; minoranza orgogliosamente eretica, addestrata al pensiero critico e invisa all’ossequio servile verso i potenti, unica in Italia, sperimentò, senza piegarsi, tutta la ferocia della Controriforma in un Paese che non conobbe la Riforma. In Valle Angrogna, nei boschi di Odin, la Gheisa de la tana non è che una grotta, tra le tante della zona: sopra l’imbocco scuro, che chiede di strisciare a terra, per avere accesso all’interno che fu luogo di culto e rifugio nei secoli delle persecuzioni una piccola lapida reca la scritta “qui rivive lo spirito eroico dei padri che pregando soffrirono e morirono per la libertà di coscienza”.
[nota 1] titolo completo : “storia del glorioso rimpatrio dei valdesi nelle loro valli dove si vede un manipolo di quella gente che non ha mai raggiunto il numero di mille persone sostenere la guerra contro il Re di Francia e contro il duca di Savoia fronteggiare il loro esercito di 22.000 uomini aprirsi il passo attraverso la Savoia e l’alto delfinato sconfiggere varie volte il nemico e infine rientrare miracolosamente nei propri retaggi e mantener visi con le armi in mano…..” ( Henri Arnaud, Pastore e Colonnello dei Valdesi)
[nota 2] totale prigionieri 14.000 ( cit. Arnaud L”Histoire de la
Glorieuse Rentrèe”)
[nota 3] sostantivo con cui vengono denominati i valdesi
Nessun commento:
Posta un commento