Due anni fa, il nostro saluto a Umberto Respizzi
Non so se Umberto sarebbe contento di vedere tanti di noi, qui oggi per salutarlo, con la voglia di piangere e le lacrime agli occhi. Fosse vivo, Umberto forse ci direbbe che non bisogna piangere, e che non è il momento di commuoversi. Fosse vivo, Umberto, forse, ci direbbe che è semmai il momento di stare insieme, il momento di tornare in piazza, il momento di stringerci tutti sotto la bandiere della resistenza e dell’antifascismo, che per tutta la vita è stata la sua bandiera, e la sua scelta limpida e militante.
Umberto con Luigi e Angela |
Molti dei presenti, certo, meglio di me potrebbero raccontare la persona che è stata Umberto, oggi imprigionato – lui così libero, da cercare di svincolarsi persino dai lacci delle flebo dell’ospedale – tra due date : quella della nascita 1931 e quella della morte, questo aprile 2019, alle soglie della festa della Liberazione.
Purtroppo ho conosciuto Umberto molto tardi, nel febbraio 2013, quando con Claudio Antonio Giulio e altri compagni della sezione ANPI Onorina Pesce di Pavia – di cui Umberto era la tessera ad honorem n. 1 – ho frequentato la sua casa, straripante di libri, una piccola casa con un cortiletto dove Umberto coltivava in vaso i suoi pomodori , per una lunga intervista. Umberto era già in quella fase della vita in cui le immagini e i ricordi più lontani nel tempo sono più vivi e pulsanti del presente stesso e in cui ogni frase vibra come per la forza di un messaggio, o di una parola d’ordine affidata al futuro. Le immagini che Umberto mi andava raccontando per affidarle al futuro sono le immagini di Umberto stesso, ragazzino ribelle del centro di Pavia, allora un immenso rione proletario, dai limpidi occhi azzurri.
Eccolo Umberto -anno 1943- con i primi volantini antifascisti del centro clandestino di via Parodi nascosti nella cartella di scuola. Eccolo Umberto - dopo l’otto settembre – in bicicletta tra la caserma Rossani e Porta Calcinara, per portare le poche armi che riesce a trovare ad un operaio antifascista le va aggiustando per farle avere alle prime bande ribelli della collina. Eccolo Umberto nella data cruciale per la sua scelta partigiana : 7 luglio 1944. Strada Nuova. Davanti all’Università all’altezza di piazza Italia. Umberto ragazzino è tra la folla annichilita che assiste alla fucilazione di Placido Milazzo, disertore che, nascosto a Pavia, forse cercava di raggiungere i ribelli. Placido Milazzo 19 anni sarà fucilato dai fascisti; non raggiungerà mai i ribelli, ma Umberto, in quel giorno che segna un “prima” e un “dopo” nella sua vita, sceglie da che parte stare. O noi o loro.
Eccolo allora Umberto che scappa di casa - abitava allora in via Frank – in bicicletta per raggiungere i partigiani. No, non è un personaggio dei libri di Fenoglio. E’ Umberto che pedala con un compagno di fuga fino a Santa Maria della Versa, che sale fino a Ruino e a Pometo; qui prenderà il nome di Luccio – quello di un pesce che nuota veloce – e sarà il più giovane partigiano della Brigata Balladore. Ed ecco Umberto - maggio 1945 – che riceve qualche soldo, un paio di scarponi, un taglio di stoffa: questo poco per aver rischiato la pelle per combattere il fascismo. Ecco Umberto – anno 2013 – che raccontando scuote la testa, muove le mani, con quelle dita grosse da operaio – e dice “ forse la nostra lotta era finita troppo presto”.
Ciao Umberto. Partigiani sempre..
Nessun commento:
Posta un commento