La presentazione alla diretta di oggi, 25 aprile 2021, con Attilia Zanaboni, Luca Casarotti. Coordinamento Antonella Campagna, responsabile eventi Biblioteca Universitaria Pavia. Letture di Francesco Mastrandrea. Canzoni di Matteo Callegari.
La voce che non sentiremo oggi è quella del professor Franz Brunetti, che avrebbe tanto voluto esserci. La pubblicazione su Renato Tisato, curata insieme a Laura Beretta, è nata proprio grazie a lui, ultimo testimone della storia amara, e senza lieto fine, del partigiano Renato Tisato.
Brunetti aprì un cassetto della scrivania e mi consegnò la fotografia formato tessera di Tisato, riprodotta nella pubblicazione. Me la consegnò con mille raccomandazioni, e con una sorta di imperativo : “raccontare finchè è possibile”. Io allora racconto, per quanto mi faccia male farlo, perché la storia di Tisato si intreccia anche a quella di mio padre, che gli era amico fraterno e collega, e che mi portò a conoscerlo quando non andavo nemmeno alle elementari.
Eccolo, allora, Renato Tisato. Dalle letture di
Francesco adesso sapete che è nato a Verona, si è laureato a Bologna e che è
tenente di leva, 23 anni nel ’43. Eccolo: nella condizione primordiale dell’8
settembre, in cui ogni scelta è possibile, e basta un passo per perdersi,
Tisato aderisce all’appello del partito comunista e si fa gappista, resistente
in quella trappola mortale che sono le città in cui ogni faccia può essere
quella di una spia, ad ogni angolo ci sono fascisti armati che vegliano la
pseudo normalità della repubblica di Salò, e ci sono tedeschi, alleati fino a
poco prima. Eccolo : è al fianco di
Lorenzo Fava, giovane come lui, come lui comunista, ammazzato nell’assalto al
Carcere degli Scalzi nel luglio ’44. Eccolo: ha una valigia in mano, e cammina
solo per strada. Trasporta esplosivo. Brunetti forse fu tra i pochi cui Tisato,
uomo schivo e di poche parole, raccontò qualcosa dei suoi venti mesi di gappista
a Verona, prima, poi partigiano nelle formazioni di Verona Libera. Nome di
battaglia Redi.
Redi, dunque. Redi che dalla Repubblica per cui aveva
preso le armi non riceve né medaglie né onorificenze, né l’intitolazione di una
strada o di una piazza. Redi che dalla Repubblica, 18 aprile 1957, riceve
invece, a firma del tenente colonnello De Feo del Distretto militare di Verona,
la comunicazione dell’apertura di una inchiesta a suo carico per essere stato
tra i responsabili che fanno giustizia, primo maggio 1945, dei gerarchi
fascisti di Verona, fucilati a Forte Azzaro. Tisato partigiano combattente
rischia il processo per essere stato appunto partigiano combattente. Ha,
allora, 37 anni, insegna pedagogia presso questa Università, collabora con
Ludovico Geymonat all’opera monumentale “Storia del pensiero scientifico”. Siamo
nel pieno della restaurazione degli anni ’50, quando il paradigma filo
atlantico e il livore anticomunista permea di sé la repubblica post fascista, quando
anche il prof. Brunetti, allora funzionario del provveditorato agli studi,
comunista tace la propria appartenenza a questo partito.
Tisato non parla di questa vicenda, la cui documentazione è contenuta nelle carte del fascicolo Tisato qui presso la Biblioteca Universitaria, ma si mette alla macchina da scrivere, strumento principe del suo immenso lavoro di ricercatore e pedagogista che lo vide autore di oltre 20 titoli per Utet, Feltrinelli, La Nuova Italia e case editrici europee. E risponde. Non con il tono di chi voglia discolparsi, rifugiandosi nel ruolo di incolpevole esecutore; né di chi voglia minimizzare l’accusa o cercare clemenza dalla Repubblica per la quale, pure, ha combattuto. La risposta è quella di un partigiano di cui animo non conosce smobilitazione, che, anno 1945, riconosce nel CLN “il solo governo legittimo” e che, nel ruolo di ufficiale, ha partecipato alla Assemblea dei Partigiani della Zona Pianura, immediatamente successiva al 25 aprile che vota all’unanimità il prelevamento dal carcere e la formazione del plotone di esecuzione per i gerarchi veronesi. Nella minuta scrittura dei tasti Olivetti, conclude la sua memoria, ritrovata nel fascicolo universitario, duramente sottolineando di ritenere il proprio comportamento di allora “degno di un ufficiale cosciente e coerente”.
Così noi oggi vi consegnamo questa storia. Lo facciamo proprio nel giorno della Liberazione, non per guastare un giorno di festa, ma per riconsegnare questo giorno alla sua storia, sottraendolo ad una memoria platinata, plastificata come ebbe a scrivere Ferruccio Parri. Anno 1957, spedita la propria memoria al distretto, Tisato cammina dal suo studio universitario alla sia abitazione in via Bona di savoia. Non sappiamo quali pensieri gli facciano compagnia mentre cammina. Ma forse per la testa gli gira un nome e una storia: quella, magari della partigiana emiliana Lulù, Zelinda Resga, che ebbe ancora meno fortuna di lui, e che nel dopoguerra, anno 1952, venne internata per qualche mese nel manicomio criminale di Aversa, perché sottoposta a carcerazione preventiva, per azioni di guerra connesse alla sua scelta partigiana. ( fonte Mimmo Franzinelli Una odissea partigiana)
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