lunedì 22 marzo 2021

UN PARTIGIANO A DONGO

La storia di Renato Codara, detto Codaro, partigiano di Belgioioso, prescelto per la missione di Dongo nella pubblicazione curata da Attilia Zanaboni e Enzo Paravella. E' immaginando Renato nel tristo dopoguerra italiano che ho scritto la mia prefazione al libro. Eccola.

“Dovemmo buttare le armi come un esercito di vinti, nell’aria si sente già puzzo di restaurazione” ( cit. Nuto Revelli partigiano piemontese  ). 

“Una jeep americana ci passò accanto, I poliziotti ci urlarono qualcosa che non capimmo, scesero con il bastone alzato ci fecero cenno di toglierci i fazzoletti rossi” (cit. Mario  Spinella,partigiano toscano )


“Abbiamo fatto la guerra, che è stata, lo si voglia o no, una rivoluzione. Si è sparato sul marciapiede di faccia, ma dentro il palazzo del Ministero, a pochi passi di là, è come se nulla fosse mai avvenuto ( cit. Carlo Levi resistente)

“Per chi? Per cosa? Loro, i furbi, hanno mantenuto tutto come prima. Hanno cambiato solo la marsina, e se gli dovessi parlare del loro passato ti guarderebbero attoniti come se discorressimo dei marziani e delle loro gesta” ( cit.lMarcella Chiotti Principato)

“Se fossero vivi se fossero ancora al nostro fianco …forse sarebbero stati incriminati per una loro azione di guerra certo sarebbero insultati dalla stampa fascista, e purtroppo non solo da quella fascista certo sarebbero guardati con diffidenza schedati come sospetti” ( cit. Arturo Colombi)

Renato no. Renato non dice. Non scrive. Non racconta. Al tristo dopoguerra italiano Renato oppone il suo silenzio, ferreo quanto le parole, che, qui artigianalmente rintracciate tra diari, lettere e romanzi, testimoniano il tempo amaro della normalizzazione della Repubblica post fascista.



Giorgio Agosti, questore di nomina CLN a Torino, se ne è andato sbattendo la porta. Ettore Troilo, prefetto di nomina CLN a Milano, è stato destituito su disposizione del Ministro Scelba. Il breve governo resistente di Ferruccio Parri è diventato un ricordo, e il comandante Maurizio deve ora, 1953, difendersi in tribunale dalle accuse dei fascisti del Meridiano d’Italia. Alcuni partigiani parlano ancora via radio: Ma lo fanno dalle frequenze clandestine di Oggi in Italia, che trasmette da Praga dove sono in esilio. Renato ha lasciato i ranghi della polizia. Vi è stato due anni, ed è bastato per capire che non è posto per lui. Per i fascisti e i repubblichini si. Perché in questi ranghi essi ampiamente sono stati ammessi o reintegrati. Renato non li ha contati. Ma sono tanti.

Renato allora prende la bicicletta e torna in fabbrica. Qui, è rimasto Codaro, il partigiano scelto per la missione di Dongo, quello che, dal lago è arrivato a Milano nella notte tra il 28 e il 29 aprile, con il comandante Valerio. Destinazione piazzale Loreto. In esatto contrappunto alla strage di 15 antifascisti, qui avvenuta per mano dei legionari italiani della Muti - 14 agosto 1944.

Renato non ha dimenticato niente. Non sappiamo se dentro di sé abbia perdonato. Forse Renato pensa che il perdono appartenga a dio; non agli uomini che, come riescono, fanno la storia e, se riescono, fanno giustizia.

Renato pigia sui pedali, corre veloce, come correva veloce in formazione con i partigiani. La sua bici si mangia la strada come le ruote del camion si sono mangiate le curve dal lago di Como a Milano. E lui stava sul camion, con l’arma imbracciata, la faccia magra del ragazzo che era, e i capelli lunghi di allora.

Tace, Codaro. Entra in fabbrica. Parla per lui la sua faccia, che invecchia pian piano, ma non diventa diversa da quella di allora.

Pedala, Renato. Per un attimo molla il manubrio, si scosta dal viso il ciuffo di capelli, quei capelli neri da ostinato ragazzo di strada. Quel ciuffo che ballava sugli occhi anche quando, all’osteria o alla Pesa, canterellava il ritornello garibaldino che non trova posto nelle commemorazioni ufficiali…. “Non c'è tenente, né capitano,  né colonnello né generale questa è la marcia, dell'ideal, dell'ideal”

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